Adriano Antonioletti riflessioni sull'arte iconografica di Lucia Clemente
Lucia Clemente, artista iconografa
Nel borgo medievale di Dolceacqua, lentamente flanando per i suoi carugi inerpicantisi verso la dominante maestosa rovina del Castello Doria, tra muri a secco di case ravvicinate che archi e strutture uniscono in una rappresentazione escheriana, nel profumo delle sue celeberrime “michette”, un porta anonima, nota a chi vi è condotto e a chi vi è già stato, fa accedere all’Atelier di Lucia Clemente. L’androne di una vecchia bottega medievale è anche vetrina di esposizione di quanto ad arte vi si produce: porcellane decorate, sete dipinte, pietre dure in forma di gioielli, dipinti ingannatori della vista e … icone, icone icone bizantine.
Tra il 17 agosto ed il 28 settembre di quest’anno, queste straordinarie opere, riproduzioni di antichi originali, ricreate con minuziosa pazienza e devoto rispetto delle antiche regole compositive, coloristiche, prospettiche, dimensionali e funzionali, da sempre regolanti la creazione delle immagini, sono state in mostra negli ambienti recuperati del diruto castello. Oggi vengono riunite nel catalogo che qui si presenta e si offrono a più lunghe, meditate osservazioni e danno spunto a due riflessioni.
La prima è sulla scelta dell’artista Clemente che alle immagini bizantine di devozione è pervenuta lungo un percorso di studi accademici e di esercizio di arte decorativa, folgorata dal mondo criptico e senza tempo delle immagini iconiche. A questo mondo pieno di significanze, di concordanze, di mistica e di teologia pura, la Clemente si è avvicinata a piccoli passi progressivamente sostenuti dalla risposta positiva della mano sempre più consonante allo spirito e alla funzione stessa dell’icona riprodotta. Oggi in questa mano precisa di miniaturista, non impaziente nell’esecuzione, è entrata la mano dell’ antico anonimo iconografo bizantino che creava arte mistica senza tempo.
La seconda riflessione coinvolge ancora la Clemente come personalità artistica: l’icona bizantina è opera d’arte solo se realizzata durante i secoli dell’Impero d’Oriente? E poiché le regole sulla vera imago mystica non consentono alcuna innovazione, l’iconografo contemporaneo è da considerarsi solo un copista, al massimo un “buon” copista?
Rispondono affermativamente alle domande coloro che considerano l’icona opera fine a sé stessa nonché oggetto prezioso fungibile. In realtà l’icona, oltre ad assolvere alla funzione di tramandare la mistica religiosa attraverso l’arte ecumenica, è opera di talenti che l’ansia di avvicinare la perfezione del Primo Iconografo (l’uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio – Genesi 1,26) porta alla ricerca dell’assoluto estetico che è il motore dell’Arte.
Quest’ansia c’è tutta in Lucia Clemente, artista iconografa.
Tra il 17 agosto ed il 28 settembre di quest’anno, queste straordinarie opere, riproduzioni di antichi originali, ricreate con minuziosa pazienza e devoto rispetto delle antiche regole compositive, coloristiche, prospettiche, dimensionali e funzionali, da sempre regolanti la creazione delle immagini, sono state in mostra negli ambienti recuperati del diruto castello. Oggi vengono riunite nel catalogo che qui si presenta e si offrono a più lunghe, meditate osservazioni e danno spunto a due riflessioni.
La prima è sulla scelta dell’artista Clemente che alle immagini bizantine di devozione è pervenuta lungo un percorso di studi accademici e di esercizio di arte decorativa, folgorata dal mondo criptico e senza tempo delle immagini iconiche. A questo mondo pieno di significanze, di concordanze, di mistica e di teologia pura, la Clemente si è avvicinata a piccoli passi progressivamente sostenuti dalla risposta positiva della mano sempre più consonante allo spirito e alla funzione stessa dell’icona riprodotta. Oggi in questa mano precisa di miniaturista, non impaziente nell’esecuzione, è entrata la mano dell’ antico anonimo iconografo bizantino che creava arte mistica senza tempo.
La seconda riflessione coinvolge ancora la Clemente come personalità artistica: l’icona bizantina è opera d’arte solo se realizzata durante i secoli dell’Impero d’Oriente? E poiché le regole sulla vera imago mystica non consentono alcuna innovazione, l’iconografo contemporaneo è da considerarsi solo un copista, al massimo un “buon” copista?
Rispondono affermativamente alle domande coloro che considerano l’icona opera fine a sé stessa nonché oggetto prezioso fungibile. In realtà l’icona, oltre ad assolvere alla funzione di tramandare la mistica religiosa attraverso l’arte ecumenica, è opera di talenti che l’ansia di avvicinare la perfezione del Primo Iconografo (l’uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio – Genesi 1,26) porta alla ricerca dell’assoluto estetico che è il motore dell’Arte.
Quest’ansia c’è tutta in Lucia Clemente, artista iconografa.
Adriano Antonioletti ( specialista in iconografia e storia dell'arte applicata all'agiografia)
Conservatore Chiesa Monumentale S. Bartolomeo a Bannio - Diocesi Novara
Fotografia di Carlo Colombo